Per qualcuno il fatto che ci sia una Prodomme indagata è quasi una soddisfazione. Infatti a molti, in fondo, dà fastidio che qualcuna guadagni con il sesso o il BDSM. Lo stigma ed il disprezzo per tutte le sex-worker non risparmia nemmeno il mondo BDSM. Eppure chi si sente parte di una comunità, più che la vendetta, vuole evitare che le mele marce gettino un’ombra su tutti.
Non c’è da meravigliarsi se la maggioranza di chi fa sadomaso in modo consensuale e attento, preferisca comunque non esporsi e tenere un profilo basso. Il rischio di essere associati a persone simili ai protagonisti di questa sfortunata vicenda è sempre molto alto. In pochi amano spiegare continuamente le differenze tra chi fa le cose con coscienza e chi si improvvisa Dominante/sottomesso.
Cliente in ospedale e Prodomme indagata: come è successo?
I fatti sono stati riportati da Rimintoday alcuni giorni fa. Un uomo riminese di 50 anni, al nord per lavoro, ha deciso di passare una serata più movimentata del solito. Ha contattato una Prodomme tramite un sito di incontri, ma la sessione è andata ben oltre ciò che si aspettava. Infatti, l’uomo ha raccontato che, nonostante le sue urla, la “professionista” ha continuato imperterrita a picchiarlo.
Il risultato è che l’uomo, poco dopo essere uscito dall’abitazione della donna, ha avuto un malore in strada proprio per il dolore dei colpi ricevuti. Arrivato in ospedale, gli sono stati riscontrati la lussazione di una spalla, alcune costole incrinate e una frattura al radio, oltre ad una quantità di lividi e segni di frusta, per una prognosi totale di 40 giorni. I medici hanno pensato inizialmente ad un’aggressione e hanno avvertito le forze dell’ordine.
Agli agenti l’uomo ha spiegato l’accaduto e questo, abbinato alla gravità delle lesioni riportate, ha fatto scattare la denuncia d’ufficio per la Dominatrice, una donna di 40 anni dell’ est Europa. Durante il dibattimento -avvenuto a porte chiuse per tutelare la privacy della vittima- la difesa della donna ha sostenuto che “la colpa è stata del cliente che, nonostante tutto, non avrebbe mai utilizzato la “parola di sicurezza” per interrompere l’amplesso“.
La sentenza è attesa per il prossimo autunno e la Prodomme indagata rischia fino a 7 anni di reclusione.
Alcune riflessioni sulla vicenda
Senza voler entrare nel merito dei fatti e in attesa della sentenza, ci sono comunque alcune considerazioni che vorrei condividere.
Prima di tutto mi chiedo come è possibile non rendersi conto di aver causato delle lesioni così gravi. Non stiamo parlando di una lesione non visibile, stiamo parlando di cose come una spalla lussata e un osso fratturato! Roba che si nota ad occhio e che ti rende estremamente difficile anche solo rivestirti.
Sarà che il BDSM a cui sono abituato è fatto di empatia, ma l’idea di poter picchiare qualcuno al punto da creargli delle lesioni simili e poi nemmeno preoccuparmi di verificare il suo stato di salute mi fa inorridire. Il problema non è l’intensità della sessione in sè, quanto il fatto che viene fatto tutto in modo meccanico. Mi paghi per due ore, allora ti picchio per due ore. Non importa se tu sei già al limite dopo 10 minuti. Io non giudico chi ama giocare in modo intenso o estremo. Ma si tratta sempre di qualcosa desiderato, concordato, consensuale e, soprattutto, di cui si sono valutati rischi e contromisure. Un sottomesso non è carne da macello da picchiare senza criterio per un tot di tempo. Non siamo in un campo di prigionia illegale.
L’idea che esista qualcosa di assolutamente sicuro all 100% è un’utopia. La differenza tra un esperto ed una persona improvvisata sta proprio nella capacità di analizzare e prepararsi a quei rischi. Ma sta anche nella capacità di accettarne le conseguenze. Ovvio che questo è un discorso generale che riguarda tutti, indipendentemente dal ruolo. Nel caso specifico è difficile pensare ad una qualche reale responsabilità di chi viene picchiato. Ma su questo sarà il giudice a pronunciarsi.
Faccio fatica a considerare la Mistress in questione una “professionista” del BDSM, proprio perché una Prodomme non è e non deve essere soltanto una dispensatrice di colpi dati alla cieca. Senza preparazione, cultura e cura non si può essere considerati esperti, tanto meno dei professionisti.
La difesa della donna ha scelto di puntare sulla condivisione della responsabilità per cercare di alleggerire il peso della colpa. Per chi fa parte di questo ambiente questo è ovviamente un abominio. Il victim blaming (ovvero la pratica di responsabilizzare la vittima) è tristemente conosciuto per essere usato nei casi di stupro, quando si colpevolizza la vittima per come era vestita. Ma gli avvocati fanno il loro lavoro e noi facciamo il nostro.