Il segreto per diventare bravi bondager

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Con l’inizio del nuovo anno di lezioni della Scuola di Bondage “Ito Seiu” (www.scuoladibondage.it), molte persone mi hanno chiesto di indicare loro quali sono i segreti del bondage giapponese che bisogna imparare per diventare “bravi” velocemente, convinti che esistano delle tecniche segrete capaci di trasformare chiunque con poco sforzo in un dio vivente del kinbaku.

Nulla di più lontano dalla verità.

Il bondage giapponese, così come qualunque altra disciplina costituita da un mix di tecnica, estetica, passione, manualità non è qualcosa che può fare dei salti quantici. E’ un percorso costante di miglioramento e più si diventa bravi, più si lavora su dettagli piccoli, quasi insignificanti agli occhi dei meno esperti, che però fanno la differenza. Spesso nelle mie lezioni paragono il bondage giapponese ad un’arte marziale

(dopotutto, hanno una radice comune) anche dal punto di vista della curva di apprendimento. Se è relativamente facile passare dalla cintura bianca a quella gialla, è molto più complesso passare dalla cintura marrone a quella nera o, una volta raggiunta quest’ultima, per passare da un dan all’altro.

La domanda che bisogna farsi quando si decide di cominciare ad imparare il bondage giapponese è: quanto bravo voglio diventare?

Siamo noi stessi che possiamo decidere quanto tempo dedicare allo studio, alla ripetizione delle tecniche, senza dimenticare che il bondage non è un’arte solitaria, ma prevede la compartecipazione di un partner, quindi per alcuni versi è più simile allo studio dei passi di danza del tango che al provare e riprovare i “kata” di un’arte marziale tradizionale.
E con la danza il bondage giapponese ha in comune anche la sintonia che bisogna riuscire a creare con il partner. Un bravo ballerino non potrà mai esprimersi al meglio con una compagna con cui non ha mai ballato prima e con cui non ha alcuna sintonia, indipendentemente dalla bravura di lei. Il bondage è fatto di molte più cose che dei semplici nodi. Chi pensa che lo scopo sia fare delle belle foto si sbaglia e di molto, anche.

Ci vuole costanza e disciplina per migliorare e nessuna delle due può essere ottenuta con delle scorciatoie. Quando vedete qualcuno che lega, dovete pensare che la fluidità e naturalezza di quei gesti è il frutto di ore di pratica e di allenamento. Solo quando il corpo è in grado di eseguire una tecnica in modo automatico (memoria muscolare), la mente può concentrarsi sul significato e sull’intensità di emozioni che quella tecnica è in grado di dare.

Se volete scoprire le sensazioni e le emozioni che questa pratica può dare, l’unico modo è quello di provare. Nella mia Scuola io dò la possibilità di partecipare gratuitamente alla prima lezione, proprio per dare l’occasione di capire di cosa si tratta e, allo stesso tempo, per dare a me stesso la possibilità di valutare la reale determinazione ad imparare di una persona.

Per informazioni sulla Scuola, scrivete a info@scuoladibondage.it.

P.S
Tanto per essere chiari su quale sia la serietà all’approccio a questa disciplina che si tiene nella mia Scuola, cominciamo con il dire che il termine “bondager” è un’invenzione tutta italiana. Molto meglio usare “rigger” o “bondage top” per chi comunemente lega e riservare i termini onorifici di “kinbakushi” o “bakushi” per le persone molto, ma molto più esperte!!