Negli ultimi anni ho notato attorno a me l’aumenteare di piccoli gesti di ordinaria violenza collegati a quello che viene definito Revenge Porn. Parlo di piccoli gesti non perchè siano senza importanza, ma proprio perchè cliccare, pubblicare e condividere sono cose ormai quotidiane. A questo fenomeno si accompagna, inevitabilmente, anche quello dell’ignorare tali comportamenti, con il risultato che chi li commette si sente sempre più legittimato a compierli e l’asticella si sposta, lentamente, ma inesorabilmente, più in alto. Facendo introspezione, ho cominciato ad osservare anche i miei comportamenti per capire se anch’io sono vittima di questa assuefazione alla violenza. Mi sono detto che magari anche io non riesco più a rendermi conto di quando supero con parole o gesti il limite del consentito.
Ma quali sono questi piccoli gesti?
Avevo cominciato a scrivere questo articolo quando erano esplosi una serie di casi riguardanti alcuni gruppi Facebook. La stessa ministra Boldrini si era scagliata contro la facilità con cui le persone si nascondevano dietro una tastiera, dando sfogo alla loro rabbia repressa. I vari articoli denunciavano la disinvoltura con cui vengono oggettificate le donne sui alcuni gruppi di FB, con commenti sessisti e spesso sessualmente predatori.
Se, come me, venite costantemente aggiunti a questo o quel gruppo, vi sarete trovati prima o poi a vedere qualcuno di questi messaggi. Post con la foto di una ragazza/donna inconsapevole ed il classico commento del tipo “Che cosa le fareste?” seguito da una serie infinta e variegata di descrizioni di atti sessuali al limite delle umane capacità, conditi con appellativi che farebbero arrossire il più incallito dei camalli genovesi. Donne che erano anche le loro stesse mogli, amanti, fidanzate, flirt occasionali.
Quindi una violenza non soltanto rivolta contro qualcosa o qualcuno di non ben definito, ma spesso, TROPPO SPESSO, rivolta ad alimentare la loro stessa rabbia verso qualcuno che conoscono bene.

Non si tratta più di condividere una foto o un video tra un gruppo ristretto di amici. Ora si cerca il modo di far vedere quella foto o video a quante più persone possibili. Internet permette di raggiungere migliaia o centinaia di migliaia di persone con un solo click. Le opzioni per ripubblicare o condividere dei contenuti online rendono questo processo endemico.
Sto ripensando a come mi sono sentito io davanti a quei post. Disturbato, deluso dalla bassezza di quelle persone che condividevano i miei spazi. Ma, soprattutto, inerme. L’unica arma, peraltro spuntata, è segnalare il post o il gruppo stesso. Ma non è possibile fare molto altro se non si è l’oggetto diretto di quegli attacchi.
Che cosa si può fare contro il Revenge Porn?
Quando si è vittime di questa forma di cyberbullismo ci si deve prima di tutto armare di tanta pazienza. E’ un iter lungo e complesso con tanti ostacoli emotivi ed economici da superare. Negli ultimi mesi il Governo ha varato una legge contro il Revenge Porn che aiuta chi è vittima di questo genere di violenza digitale. E’ un’ottima notizia e mi auguro che questo possa portare a una drastica diminuzione di questi reati.
Se da un lato le vittime non devono più nascondersi e subire, cosa possiamo fare noi uomini che non ci crogioliamo con questi atti persecutori? Educare noi stessi e gli altri, prima di tutto. Un primo step su cui bisogna riflettere e far riflettere è la tutela della propria privacy sui social network. Lo so che sembra un discorso paternalista, ma i primi a doversi prendere cura di noi stessi siamo noi. Il revenge porn fa leva sul fatto che il video sexy che ci andava bene di fare oggi con quella persona, può trasformarsi in un boomerang in futuro.
Perchè facciamo quei video? Le ragioni possono essere tante e non vi è alcun motivo per decidere se una ha più senso di un’altra. Sono tutte ugualmente valide per chi decide di farlo. Una volta fatti la domanda successiva è: perchè si conservano? E perchè a conservarli non è la parte più “esposta”? (non dò mai per scontato che le vittime di revenge porn siano le donne, anche se statisticamente rappresentano la maggioranza). Ci vorrebbe un “vademecum del porno condiviso”, una serie di brevi e semplici regole da seguire per minimizzare la possibilità di diventare vittima di revenge porn. Magari sarà oggetto di un prossimo articolo e se volete, potete provare a scrivere nei commenti quali potrebbero essere i punti da non tralasciare.