Questo articolo racconta la partecipazione di una coppia di amici al Das Experiment, uno dei più particolari eventi a tema BDSM in Germania. Il racconto è fondamentalmente privo di modifiche ed è frutto dell’esperienza diretta.
Dopo aver letto il loro racconto, voi che fareste? Partecipereste ad un evento del genere?
Il racconto di chi ha partecipato
Non potevamo mancare… 24 ore di prigionia, questo è il contenuto del Das Experiment. Un evento di prigionia allo stato puro che si svolge ogni anno in Germania a fine giugno. Si tratta di una ricostruzione fedele e rigorosa di un ambiente penitenziario dove l’abuso e la de-umanizzazione dei prigionieri è il principale comandamento. Il tutto avviene, come del resto sempre in Germania, nel fedelissimo rispetto di regole e limiti.
Prima dell’arrivo, la prigioniera deve compilare una scheda che riporta il capo di imputazione e i limiti nei confronti delle guardie maschi o femmine; tale scheda, unita alla foto segnaletica della prigioniera, corredata dal numero di matricola, è applicata sulla cella. In questo modo, nel rispetto dei limiti e trattamenti ammessi, chiunque può prelevare i prigionieri e usarli a proprio piacimento.
L’inizio del Das Experiment
La giornata della mia schiava al Das Experiment comincia alle 15, orario nel quale deve presentarsi al cancello di ingresso. Da notare che l’accesso dei prigionieri è separato rispetto alle guardie. A queste ultime è dedicata un’ampia ed elegante area dotata di ogni confort, cibo, open bar e docce.
Il primo step è quello di compilare una scheda con dati personali, indicazione di eventuali allergie o problemi di salute e quindi la sottoscrizione del modulo di ingresso. Passato il primo step la prigioniera si ritrova di fronte ad una “commissione” che le attribuisce il numero di matricola; quindi la prigioniera viene perquisita e poi le viene richiesto di denudarsi.
Comincia un dettagliato processo di ispezione che riguarda la bocca e, naturalmente, gli altri orifizi. ogni elemento della “commissione” può partecipare alla verifica. Terminato questo processo che definire invasivo è dire poco, la prigioniera deve prestarsi alle foto segnaletiche.
L’ingresso in prigione
Da questo momento la prigioniera entra nella prigione di Das Experiment e le viene assegnata una cella. Al suo interno, è ben visibile la sua foto segnaletica e la lista dei trattamenti possibili e di quelli non consentiti.
Non può parlare e deve chiamare una guardia per fare i bisogni, che può espletare all’esterno, in un secchio e senza privacy.

Prima di essere portata in cella la prigioniera subisce altri due trattamenti imbarazzanti.
Il primo è la doccia fredda all’esterno che dura un’eternità… la guardia infatti, prima insiste con il getto freddo sul seno della prigioniera e poi, divertito dal giochetto, chiede alla prigioniera di mettersi a quattro zampe e con la fronte sul terreno, ovviamente a gambe bene aperte. A questo punto si diverte ad indugiare sull’ano e sulle labbra vaginali della sventurata che subisce il freddo e la forza del getto sulle proprie intimità.
Il secondo è la visita medica. La dottoressa, che appare immediatamente spiccatamente bisex, inizia la visita in modo molto professionale dedicandosi alla misurazione della pressione, del peso e dell’altezza. Poi invece mostra immediatamente le proprie tendenze chiedendo alla prigioniera di piegarsi sul lettino e indugia in modo prepotente con le proprie dita all’interno dell’ano e della vagina della schiava.
Il gioco la soddisfa e va oltre: fa stendere la prigioniera su un lettino ginecologico e comincia, con notevole maestria ad usare la magic wand sulle labbra della prigioniera curandosi di negarle l’orgasmo ogni volta che è molto prossimo…
Infastidita dai mugugni della prigioniera e dai suoi “stop please…” quando era prossima all’orgasmo, la dottoressa cambia improvvisamente atteggiamento e usa la magic wand in modo più deciso. La prigioniera urla e squirta copiosamente dopo pochi minuti (o forse meno).
L’interrogatorio
Finita la (molto approfondita) visita, due guardie portano la prigioniera in un’altra sala dove l’attende un militare seduto dietro ad una scrivania con una macchina da scrivere. La prigioniera è posta innanzi alla scrivania con le braccia dietro la schiena e le gambe divaricate. Le due guardie fanno un passo indietro. Il militare le rivolge alcune domande personali che diventano molto intime e imbarazzanti. Le viene chiesto, ad esempio, “Ti piace il sesso anale?“, “Hai mai avuto rapporti di gruppo?“, “Ingoi l’urina?“. Ad ogni risposta della prigioniera segue una fragorosa risata e alcune considerazioni in tedesco che non potevano certo essere complimenti da educanda.
La prigioniera viene strattonata e portata verso il muro dove è appesa una bandiera rossa molto probabilmente riferibile ai servizi segreti dell’ex Unione Sovietica. La prigioniera resta con la faccia verso il muro e con le braccia e le gambe aperte. Le viene letto il capo di imputazione: ninfomania!
Il militare le chiede se si considera innocente o colpevole e la prigioniera, forse inaspettatamente ma volendo evitarsi delle ulteriori torture volte alla confessione (si sentivano già urla di altre prigioniere) risponde in modo affermativo.
Le guardie si avvicinano a lei e le urlano parole offensive in inglese, in tedesco e anche due parole in italiano: Grande Troia!!!! Le urlano di spalancare le natiche per mostrare il proprio orifizio anale, le guardie apprezzano e dopo averle schiaffeggiato le natiche la portano in cella.
La cella
La cella della prigioniera dava sul corridoio principale e dalle sbarre della cella chiunque poteva vedere cosa lei stesse facendo all’interno. Ma c’era ben poco da fare. Le guardie le ordinarono di sdraiarsi sul materasso posto sul pavimento a pancia in giù e con le gambe ben aperte.
Il riposo dura poco. Tutti i prigionieri vengono portati all’esterno per una pausa d’aria e vengono fatti camminare in circolo, quindi fatti correre. La mia schiava mostra immediatamente un passo sportivo (è una ex pentatleta) e suscita la sadica curiosità di una guardia che la obbliga a correre ad un ritmo piuttosto alto segnandole le natiche con un frustino lungo da cavallerizzo ad ogni passaggio. Non credo sia facile correre a piedi nudi con le mani dietro la nuca e ad un ritmo sostenuto.
La prigioniera incomincia a boccheggiare, ma la fantasia sadica della guardia non si interrompe. La fa fermare per verificare che il sudore abbia bagnato le sue ascelle e quindi, dopo averle fatto pagare il breve riposo con un duro strizzamento dei capezzoli, le chiede di fare delle ripetute di circa 50-70 metri, ma solo dopo avere iniziato l’esercizio con una ventina di secondi di skip sul posto. Girandosi verso le altre guardie e sorridendo dice che trova deliziosi i capezzoli quando si muovono su e giù durante lo skip.
La prigioniera subisce un’altra doccia gelata prima di tornare in cella. La posizione che le viene imposta stavolta non consente propriamente il riposo. Deve stare a quattro zampe, con le braccia stese in avanti, la schiena inarcata e il sedere ben proteso verso le grate della cella.
La punizione finale al Das Experiment
Dopo pochi minuti si forma un capannello di guardie che confabulano tra loro e ridono. Prendono la prigioniera, la bendano e la portano in un ambiente dove c’era un letto da ospedale. Un esperto bondager la lega con le gambe ben aperte e le braccia legate in alto sul montante del letto (quello nel quale c’è la maniglia a cui il paziente può agganciarsi per tirarsi su). Da quel momento e per almeno un paio d’ore le guardie entravano nella stanza, abusavano della prigioniera e poi uscivano. Qualcuna delel guardie è anche tornata per una nuova visita. La maggior parte di loro l’ha abusata analmente, poichè (mi hanno spiegato) il capo di imputazione era la ninfomania e ci tenevano a garantire un abuso degradante con il minimo rischio di orgasmo. Nessuno ha mostrato considerazione per le urla della prigioniera durante il trattamento.
Dopo l’ennesimo uso anale la prigioniera ha urlato in modo continuativo: “pietààààààà ….. pietààààà”. Non so se le guardie hanno capito il significato di questa parola, ma una guardia parlottando con altre due presenti nella stanza e che avevano appena concluso il proprio turno di sodomizzazione, le ha tirato i capelli e dopo averla apostrofata con alcune parole in tedesco ha concluso con un eloquente “Italian Troia“.
La prigioniera è rimasta legata senza che nessuno più si sia curato di lei per circa un’ora e poi è stata riportata in cella stremata.
Il giorno dopo, durante il viaggio di ritorno ammetteva l’assoluta originalità di Das Experiment. Ero certo che non si fosse ancora ripresa, ma entrambi la pensavamo allo stesso modo: esperienza eccezionale… ci torneremo!!!!